Copertina di PANORAMA MAGGIO 2016
Racconto "PERUGIA MON AMOUR" pubblicato su Panorama in maggio 2016
Le inchieste del commissario Sergi
Delitto ad Alghero
Era assolutamente obbligatoria, per
chiunque fosse in vacanza ad Alghero, la gita alle grotte di Nettuno.
Così anche Maddalena e Luigi decisero di
seguire il classico itinerario, ma per fare qualcosa di diverso vollero
percorrere le scalette di prima mattina, appena aperto il cancello. Alle nove e
cinque iniziarono a scendere i seicento gradini, mano nella mano, fermandosi a
ogni piazzola per un bacio.
Riuscirono ugualmente ad arrivare prima
che il barcone delle dieci scaricasse dal suo ventre le miriadi di turisti,
così entrarono soli nella grotta, un po’ titubanti, quasi impauriti dalle loro
ombre.
Il sole, penetrando attraverso le incrostazioni
vegetali, dava una strana luce verde-azzurra e illuminava il lago interno e le
lapidi che ricordavano la visita di Carlo Alberto di Savoia.
“Guarda” fece Luigi indicando una colossale stalagmite alta un
paio di metri. “La chiamano l’acquasantiera, ne hanno parlato anche in alcune
poesie.. ma non mi ascolti?”
“Là là” balbettò con voce strozzata Maddalena indicando due
piedi che uscivano da un anfratto.
I piedi si rivelarono appartenere a un
uomo che sembrava dormire accucciato su una roccia, se non fosse stato per la
punta di una stalattite che doveva essere piombata dall’alto a centrare esattamente
il suo cuore.
Maddalena e Luigi, ansanti, corsero fuori
e si attaccarono ai telefonini.
A bordo della motovedetta della guardia
costiera, il tenente Sandra Morin stava eseguendo il consueto pattugliamento
delle coste. Come mi sta stretta questa
camicia, per l’ennesima volta qualcuno farà una battuta, ma questi bottoni
continuano a saltare. O mi metto a dieta ferrea o devo usare un reggiseno più
stretto, rifletté tra sé.
Uno squillo del telefono la riportò al
presente.
“Comandante, dirigetevi alla spiaggia di Dragunara, dovete
imbarcare il Commissario Sergi.”
Adesso
mi fanno anche fare il taxi,
pensò lei. Con un elegante e veloce dietrofront pieno di schizzi si lasciò alle
spalle la Foradada e si diresse verso la punta. Sulla spiaggetta, in mezzo a un
gruppetto di persone, l’aspettava un uomo dai riccioli neri che arrivavano fino
sul collo. Portava una camicia di seta, che strideva fortemente con il luogo.
“Bongiorno comandante, emo
da arni alle grotte”. Sergi era di Città di Castello e aveva deciso che i
sardi lo avrebbero capito anche se continuava a parlare il suo dialetto. Lo
sguardo indugiò un minuto di troppo sui bottoni di Sandra.
Ecco, pensò lei, se persino un
asessuato come Sergi se ne accorge devo proprio cambiarmi.
Il commissario salì a bordo, seguito da un
drappello di uomini, dal medico al rilevatore di tracce.
“Sembra proprio una gita scolastica” disse Sandra sarcastica, poi
seriamente chiese: “Cosa è successo?”
Sergi la mise al corrente della situazione
e, mentre il commissario con il suo seguito scendeva sull’approdo scivoloso,
lei chiamò la base e chiese che le venisse inviato un tecnico per rilevare i
danni ambientali. Le grotte erano patrimonio dell’Unesco e lei se ne sentiva un
po’ il sacro custode.
Intanto i RIS entrarono nella grotta a far
rilievi e foto.
Ogni flash era per Sandra un colpo al
cuore. Provò a dire: “Commissario, i licheni…” ma lo sguardo ironico che le
rivolse la gelò.
Fu esclusa subito l’ipotesi di un
incidente: la vittima era stata colpita al cuore con troppa precisione.
Mentre gli uomini cercavano tracce
dell’assassino, arrivò anche il tecnico ambientale il quale, sottolineando
nella maniera più assoluta che le stalattiti non potevano mantenere impronte
digitali, li supplicò di smetterla di tormentare il luogo.
L’uomo ucciso si rivelò essere il signor
Gabriotti, uno dei soci del gruppo che gestiva la Parabola d’argento ,un villaggio
turistico all’interno di un parco naturale, finanziato con i primi investimenti
per lo sviluppo dell’isola.
Quando tutto fu sotto controllo, Sandra e
Sergi lasciarono gli altri nella grotta e tornarono indietro.
“Comandante
fermete na mollica, gimo a bere ‘n caffe”
disse Sergi, e si diressero verso il piccolo baretto sopra la Dragunara.
Sandra, sebbene tediata dall’impossibile
linguaggio del commissario, decise di seguirlo per buona creanza.
Li servì una vecchia signora. Come sempre,
nei piccoli paesi, la notizia era arrivata prima di loro.
“Ma davvero è morto Gabriotti?” chiese la donna servendo il
caffè. “Io l’ho sempre detto che non c’era da fidarsi fin da quando… Mi ricordo
quando il povero ingegnere fece vedere i disegni del futuro villaggio, tanti
anni fa , ecco proprio qui, magari non su questo stesso tavolino, ma vi posso
assicurare che la vista era la stessa. Veramente non proprio la stessa, allora
la sulla scogliera si vedevano le floribunde.”
“Signora signora,
nnfaccia la fiolina alla sua età, n’la fete tanto brodosa ite avanti co la
storia” replicò Sergi.
La donna pur non capendo cosa avesse detto
il commissario continuò il suo racconto.
“Dunque, l’ingegnere discuteva con i banchieri e con il
vecchietto quello piccolino, quello che poi è diventato presidente.”
“Ma di chi sta parlando?” interruppe Sandra, “non vorrà dire
Segni?”
“Ecco proprio lui, dunque vi stavo dicendo, quelli discutevano
del futuro della baia e Gabriotti che allora era un ragazzino, un bel ragazzo
non dico di no, ma quanto avrà avuto? Sedici, diciotto anni. Dunque Gabriotti,
che stava a pescare con un gruppetto di ragazzi, si avvicinò e seguì la
discussione. Me lo ricordo bene perché tutte le volte che negli anni successivi
faceva il gradasso io gli rammentavo che l’avevo conosciuto ragazzino, quando
da questa terrazza non si scorgevano case, solo il verde dei lentischi e dei
mirti e qualche colpo di colore delle floribunde.”
Sandra alzò la testa, quasi ad acuire
l’ascolto.
“Poi piano piano la valle si ricoprì di costruzioni, belle non
dico di no, rispetto a ciò che è successo da altre parti… ma sempre costruzioni
erano. E lui come ne andava fiero! Diceva che aveva portato la ricchezza in un
posto sperduto. Con me non si dava tutte quelle arie. Veniva e guardavamo
insieme giù, ricordavamo”
“E s’arancheva spesso da ‘ste parti ?” chiese il commissario.
Allo sguardo interrogativo della vecchia
Sandra tradusse: “Veniva spesso quassù?”
“Ah sì, lunghe passeggiate al tramonto, da solo o in compagnia,
perché gli piacevano le ragazze, ah se gli piacevano. Però spesso se ne andava
lassù a piedi sotto il faro vecchio, come se volesse godersi il tramonto in
solitario.”
“E l’ete arvisto
in quest’ultimo periodo?”
“E si, mo’ s’era pure messo a correre, dice che gli faceva bene
al cuore, qualche volta percorreva le scale in su e in giù fino a quando non
arrivava il custode a chiudere, anzi si era pure fatto lasciare una chiave. È un
posto romantico per portarci le ragazze!”
“Fe’ bene t’al
core correre in salita? Cristo che n’t’ammazza! Ieri l’ete visto?”
“No ieri avevo chiuso perché è il giorno che mio nipote mi viene
a prendere per portarmi a trovare mio marito al cimitero”
“Be’, credo che
qui emo finito, è tempo d’artornà”
“Aspetta un momento, scusi signora cosa diceva delle
floribunde?” chiese Sandra, colpita che quella rarissima specie ormai data per
estinta da tempo fosse sopravvissuta in quel luogo.
“Quando ero giovane ce n’erano, ma sono anni che non ne vedo
più, forse giù al villaggio, forse in qualche giardino privato.”
Rintronati dalle chiacchiere dell’anziana
donna, i due si salutarono e Sandra tornò in mare per raggiungere il
porticciolo di Tramariglio. Voleva controllare le affermazioni della barista a
proposito di quelle piante.
Lì, come al solito, bivaccavano uomini
della forestale con alcuni dei villeggianti storici.
Si sedette con loro e chiese se qualcuno
aveva mai visto la floribunda, spiegando che si trattava di una pianta estinta.
Marco, il ragazzo che gestiva il
porticciolo e perciò conosceva tutti, esclamò: “Comandante venga dopodomani
sera alla cena sociale, ci saranno tutti gli abitanti del villaggio e forse
qualcuno se ne ricorderà”.
Sergi cominciò l’inchiesta: la società di
Gabriotti era in fallimento, le banche la stavano dilaniando. Farlo sparire
però non sarebbe stata una soluzione per chi doveva avere dei soldi da lui,
anzi avrebbe complicato ancor più le cose.
Interrogò gli altri soci, e tutti coloro
che potevano aver avuto un rapporto con la società. Ma non appurò nient’altro
che la massa di debiti di cui si erano ricoperti.
Quel pomeriggio il commissario, seduto
alla sua scrivania, continuava ad arrovellarsi e, come al solito, per far
lavorare il pensiero laterale, aprì il telefonino iniziando a digitare
freneticamente alcune parole: parabola, bolla, bollato, ribollita. Mentre
calcolava furiosamente i punti raggiunti, il maresciallo Subrizi entrò e,
sapendo che quando giocava a ruzzle,
il suo capo non amava essere disturbato, esitò a parlare.
“M’hai spaurato” disse Sergi “che
arcerchi?”
”Ho trovato un fascicolo che sembrerebbe essere interessante”
iniziò esitante Subrizi. “Alcuni giorni fa un gruppo di ragazzi ha fatto una
bravata, ha cercato di rubare il cinghiale di ceramica dall’ingresso
dell’albergo. Colti sul fatto, i giovani hanno mollato il cinghiale a cui si
era staccata la testa. Dentro alla testa del cinghiale i nostri uomini hanno
trovato una specie di mappa che dev’essere caduta ai ladri che stanno
esaminando giù negli uffici”
“E mel dichi solo
adesso! “Si alzò e a grandi falcate scese al
piano terra.
Un ragazzo dagli occhiali perfettamente
rotondi alzò gli occhi dalle carte: “Proprio lei cercavo: sono riuscito a
ricostruire, sembra una carta geografica che indica alcuni punti di sbarco fra
Porto Ferro e Stintino; è un posto inavvicinabile via terra, non capisco come
siano riusciti a sbarcare.”
Occorrerà
chiedere di nuovo l’aiuto di Sandra, pensò
Sergi. “Bene maresciallo cemo
d’accordacce con la Marina per gi’ a da un’occhiata.”
Sandra arrivò al circolo subito dopo cena.
Stavolta indossava un abito di seta tutto colorato, per mescolarsi con i
presenti.
Gli ospiti che avevano superato la
cinquantina erano seduti intorno ai tavoli semibui illuminati ogni tanto dalle
lucine dei telefoni di chi scattava foto e di chi giocava freneticamente a ruzzle.
Sedette al tavolo dove c’era Marco, che fu
ben felice di presentarla ai villeggianti.
Cominciò una lunga discussione sulla
floribunda. Tutti sembravano averla vista in passato ma ognuno la descriveva in
un modo diverso. Sembrava quasi uno di quegli oggetti fantastici che popolavano
gli atlanti dei geografi ottocenteschi.
D’un tratto la conversazione venne
interrotta dalle musiche che arrivavano da un complicato sistema musicale
gestito dal computer di uno degli ospiti.
A poco a poco i villeggianti si alzarono e
iniziarono a eseguire balli della loro epoca.
Un signore un po’ pelato con jeans
fascianti e maglietta che ne metteva in risalto i pettorali ancora tosti, si
lanciò in uno sfrenato twist. Alcuni ragazzi guardarono attoniti e lentamente
iniziarono a fare cerchio intorno ai loro genitori che nel frattempo si
lasciavano trascinare dalla musica del chachacha e della samba. Prima uno poi
l’altro, i giovani cominciarono a imitare i gesti degli anziani.
Solo una ragazza restò al bordo della
piscina fuori dalle luci e non si unì ai compagni, fino a quando un uomo le si
avvicinò e la trascinò fra gli altri senza mollare la mano, che le teneva con
fare protettivo.
A Sandra sembrò un po’ eccessiva quella
premura di un padre verso una figlia e lanciò uno sguardo interrogativo a Marco
che, avendo seguito la direzione degli occhi della donna, rispose alla muta
domanda.
“E’ un po’ che Giovanni non lascia mai sola la figlia, sembra
che uscisse con uno molto più grande di lei che se n’è approfittato… in effetti
la ragazza da qualche tempo sembra depressa”.
Sandra, dopo la tragedia vissuta con la
giovane guardiamarina ,era sempre pronta a cogliere i segnali di pericolo che venivano
dalle giovani donne, si mise in allarme. Si avvicinò alla giovane. “Tu non
balli, proprio come me alla tua età, forse ti piacciono di più le marce, non è
che mi finirai anche tu nelle forze armate?” chiese sorridendo un po’ ironica.
La ragazzina si staccò dal padre e sembrò
rasserenarsi un poco- “Salve io sono Mary. L’ho vista l’altro giorno giù con
gli uomini della forestale, sono appassionata anch’io di natura, mi piacerebbe
essere fra coloro che la difendono.”
Iniziarono una lunga discussione sulla
protezione del parco.
“Sa anch’io una volta facevo lunghe passeggiate, una volta sono
arrivata fino su alla torre da sola, ma ora ho smesso” mentre parlava i suoi
occhi si velavano di un rimpianto nostalgico.
“Mary, se vuoi uno di questi giorni che pattugliamo il golfo
puoi venire con noi, ti farò scoprire delle specie subacquee inimmaginabili”
In quel momento fu raggiunta da un
messaggio di Sergi: aveva bisogno urgente di parlarle.
“Domani all’una
all’agriturismo di Gavino”, rispose e
maledisse per l’ennesima volta i gusti di Sergi che detestava il pesce - che
abbondava alla mensa della marineria - e la costringeva a mangiare tutte le
volte porceddu o castrato. Del resto,
pensò, da uno che è nato in una delle
poche regioni italiane senza mare che ti puoi aspettare?
“Bene Mary ora debbo andare, ricordati la mia promessa, ti
aspetto.”
Il giorno dopo Sergi arrivò con il suo
fuoristrada verde, sempre ben curato, i capelli inanellati, la camicia azzurra
dello stesso colore degli occhi. Saltò agilmente dal predellino per girare ad
aprirle lo sportello e subito la salutò con queste parole “Cio na feme che m’arvultica, speremo che c’enno delle bone sarcicce dar
tuo Gavino”
Appena seduti Sergi la mise al corrente
della sua scoperta e le chiese di aiutarlo a pattugliare da largo il punto che
aveva rilevato sulla mappa.
Le salsicce di Gavino erano pari alla loro
fama e vennero accompagnate da abbondante vermentino .
Sandra era eccitata e contenta di essere
finalmente tornata all’azione dopo tanto tempo.
“Ma tu m’hai da
di’ com’ sè finita a pattugliare sto posto” chiese
Sergi dopo l’ennesimo bicchiere di vino. “Ho
visto le tu’ foto al comando del cacciamine.”
“Be’ mi piaceva la Sardegna” disse lei, distogliendo lo sguardo
e fissando un punto che conosceva solo lei, un punto in mezzo al mare che aveva
visto dalla prua del suo dragamine.
Ricordò. La ragazza si era arruolata da
poco e si era gettata a capofitto nel lavoro, come a voler allontanare con il
lavoro indefesso pensieri molesti. Ma la sua attività frenetica non le aveva
fatto rispettare le precauzioni necessarie in quel mestiere, ed era scesa con
la lancia vicino alle operazioni.
Troppo vicina. L’esplosione Sandra ce
l’aveva ancora nelle orecchie, e non riusciva ancora a perdonarsi di non essere
riuscita a fermarla, di non aver capito.
Non riusciva ancora ad affrontare quel
ricordo con serenità. Come poteva non essersi accorta delle inquietudini che
attraversavano l’animo della giovane aspirante, e che l’avevano portata a quel
gesto irrazionale?
Sollevò lo sguardo distogliendo i pensieri
dai ricordi dolorosi e disse: “Si mi piaceva la Sardegna, ma non siamo qui per
parlare dei miei gusti. Fammi rivedere quelle mappe.“
Dalle sigle sulla mappa erano riusciti a
dedurre che gli sbarchi si effettuavano nella notte tra il sabato e la
domenica. Decisero quindi di passare la notte al largo.
Un giovane approntò del pesce azzurro per
le persone sopra coperta, ma Sergi aprì un contenitore di plastica “A st’ora n’ce gnente de mejo che magna ‘na
torta al testo col capocollo, ‘nve spiace se ‘nve fo compagnia … o ma come se
sguilla su sto piancito” concluse cercando di reggersi in modo maldestro.
Con un sorriso di compassione Sandra gli
aprì una di quelle strane seggiole a ‘x’ di cui talvolta i marinai si servono.
Tutti gli altri continuavano a mangiare cartocci di pesce fritto seguendo con
la persona il dondolio della barca.
Un’ora dopo l’altra scrutavano l’orizzonte
illuminato da qualche fioca stella, alla ricerca di un motoscafo veloce.
“Porca miseria
non emo capito na sega” disse d’un
tratto il commissario” non verranno dal
golfo del leone, doppia la punta, secondo me han da veni’ da dentro il golfo se
no perché sarenno passati ta le grotte”
Si appostarono dietro l’isola Piana e poco
prima dell’alba finalmente videro avvicinarsi un gommone del tipo di quelli
usati dagli scafisti.
Dalla motovedetta scrutarono il natante in
tutte le sue parti ma videro semplicemente scendere due uomini, ciascuno con
una valigetta nera che consegnarono a quattro personaggi che li aspettavano
vicino a due decappottabili di lusso.
Prima di salire a bordo, uno degli uomini
aprì una delle ventiquattrore per accertarsi del contenuto. Dalla motovedetta
scattarono veloci le foto.
Sergi, dopo aver dato una prima occhiata
disse: “E che dè, son valute di uno
strano colore, non verdi, non rosa.”
“Aspetti commissario” intervenne il ragazzo con gli occhi cerchiati
dagli occhialini tondi fissi sul tablet.
“Ho inviato le foto alla centrale e le stanno esaminando.”
Nel frattempo il commissario ordinò per
telefono alle pattuglie di seguire da lontano le auto, che si rivelò stavano
dirigendosi una a porto Torres, l’altra a Olbia.
“Tutto sto casino per due valigette e che ci sarà mai?” chiese
Sandra. “Troppo piccole per contrabbando di valute, anche se fossero pacchetti
da mille dollari.”
“Ecco” rispose il ragazzo “stanno arrivando i risultati,
l’immagine era parziale ma sembra che possa trattarsi di titoli di stato
americani.”
“Me sa che ho
capito” disse il commissario rivolto al ragazzo
dall’occhialino tondo “Giovanni arconta
ta la signora dei giapponesini, me sa che lcheso è l’istesso.”
“In effetti commissario forse potrebbe essere la pista giusta”
replicò Giovanni.
“Ma di cosa state parlando?” insistette Sandra.
“Dunque comandante”, riprese Giovanni. “Alcuni anni fa, mi
sembra nel duemilanove, la Guardia di finanza e la polizia elvetica avevano
trovato in una valigetta diplomatica di due giapponesi fermati al confine, duecentoquarantanove
bond della Federal Reserve statunitense, del valore nominale di cinquecento milioni
di dollari ciascuno, più dieci bond Kennedy da un miliardo di dollari ciascuno,
occultati nel doppio fondo di una valigia, per un totale di ben
centotrentaquattro miliardi di dollari, pari a quasi cento miliardi di euro.”
“Però, e come ci stanno cento miliardi di euro in una valigetta?”
“Pensi che su un foglio di carta filigrana con scritte
svolazzanti del Governo americano intitolate al Presidente Kennedy c’è scritto
un miliardo di dollari! Per fare quella cifra con mazzette da cinquecento euro
ci vorrebbe un baule, altro che una valigia. Il traffico di titoli di stato
contraffatti è tipico dell’Europa, dove questi titoli possono essere utilizzati
senza tanto scalpore, perché la vigilanza bancaria è a livello nazionale.”
“Che vuol dire?” insistette Sandra.
“Prendiamo ad esempio il nostro Paese. Gli accertamenti su una
filiale di una banca estera sono fatti dalla Banca d’Italia che controlla che
non vengano fatte operazioni strane con i residenti italiani. Ma se in quella
filiale vengono depositati titoli esteri, la vigilanza è poco interessata.
Sarebbe diverso se vi fossero depositati titoli del Tesoro italiano: questi
vengono controllati dalla nostra autorità di vigilanza. E questo succede un po’
in tutta Europa. Quindi la mafia internazionale per fare riciclaggio deposita
un titolo francese in una banca tedesca a Berlino e magari un titolo tedesco in
una banca francese a Parigi. Nessun controllo incrociato da parte delle banche
centrali dei singoli paesi”.
“Ma dove sta il reato?” chiede l’altra.
“Nel caso che le ho esposto finora i titoli sono veri, ma sono
frutto del riciclaggio di denaro illecito, per esempio da droga. Dopo la
conversione i titoli possono essere venduti e nelle casse dei malviventi torna
denaro pulito. Il momento del deposito dei titoli è quello più delicato, ed
ecco perché la mafia usa la prassi di depositare sempre titoli esteri. Su
questo procedimento, di per sé già malavitoso, si sono inseriti piccoli gruppi
di falsari, indipendenti dalla mafia internazionale, molto abili nel realizzare
una nuova truffa. Offrono garanzie a imprenditori in crisi di liquidità, magari
perché devono incassare da esportazioni, in Cina o in Asia. Facciamo l’esempio
di un imprenditore italiano che ha venduto macchinari in Cina e non è stato
pagato perché i cinesi lo hanno imbrogliato. Lui usa il titolo fornitogli dalla
malavita a garanzia della richiesta a una banca svizzera della liquidazione
parziale del credito da esportazione. La banca paga diciamo la metà,
l’imprenditore non fallisce e il titolo falso rimane nel caveau di una banca
svizzera a Zurigo. Poi lo stesso imprenditore va da una banca austriaca e fa lo
stesso giochetto per l’altra metà del credito. Anche in questo caso un titolo
falso giace sepolto in un caveau a Vienna.
“E il falsario come ci guadagna?”
“L’imprenditore paga una percentuale del valore del titolo, come
a un normale gestore finanziario: uno, due percento. Cioè un paio di milioni di
euro per un pezzo di carta con su scritto Vale
un miliardo”
“Ma nessuno se accorge?” incalzò Sandra.
“No, perché l’importante è la registrazione nei conti della
banca fatta nei computer. Il pezzo di carta viene visto materialmente solo per
un attimo da qualche funzionario, che magari è d’accordo, e poi viene
conservato in un caveau blindato in un sotterraneo tutto meccanizzato, dove
l’uomo non entra mai. Ci sono robot elettronici con bracci e pinze meccanici
che li spostano quando serve.”
“Fra molti anni, il titolo scadrà. Un funzionario neo assunto,
diverso da quello che ce lo ha messo, ormai in pensione, andrà a prendere il
pezzo di carta filigranata nel caveau, lo spedirà al Tesoro americano e
finalmente qualcuno si accorgerà che il titolo è falso. Ma vai a fare le
indagini. A quel punto la banca preferirà mettere tutto a tacere per non
perdere reputazione. Tanto è una perdita di un miliardo su mille miliardi di
attivo. La caricheranno sulle commissioni di noi poveri correntisti, come
sempre.”
“Bene Giovanni basta così” interruppe il commissario. “Mi sa che
stavolta c’emo
piato, ho strollegato tutto, en cambiato strede. Ho arsentito di che c’enno dei
nuovi laboratori in Spagna e Algeria. Poi arvengono coi yotte a Alghero. Co le
machine da turisti s’embarcano per Civitavecchia, pe Genova. Da lì proseguono
in autostrada magari per il Brennero e ci passano assieme al fiume di auto di
turisti tedeschi nel weekend.”
Così dicendo cominciò a dare istruzioni ai
suoi uomini per bloccare le macchine all’imbarco.
Poi, rivolto a Sandra, aggiunse: “Dunque… ho da
crede che il Gabriotti , in cattive acque con la Parabola d’argento, ha voluto
arprò la misma ma n’è annato com’antendeva, quelli gli on tirato trappolone e
al fin c’armesso le penne. Rentremo, che so’ mollo manco m’avesse preso ‘no
sgrullo d’acqua”.
Sandra li riportò in terra ferma poi tornò
a Tramariglio e riprese a passeggiare cercando tracce della sua floribunda. Eppure
qualcosa non le tornava: Gabriotti poteva essere spellato, perché farlo fuori?
Non avrebbe mai parlato e, se si fosse ripreso, sarebbe diventato la gallina
dalle uova d’oro.
Sul pontile intravide Mary con un gruppo
di ragazzi e ragazze.
“Buongiorno comandante” disse la ragazza educatamente, “ha
trovato il suo fiore?”
Cominciarono a chiacchierare del parco e
naturalmente, come sempre quando si parlava di Capocaccia, l’argomento del
giorno fu Gabriotti. Il gruppo si divise in due: chi pensava che lui ce
l’avrebbe fatta a rilanciare il villaggio e chi lo denigrava, fra questi ultimi
non mancava chi faceva battute pesanti anche sui suoi comportamenti personali
“Oh, un vero mandrillo, non se ne lasciava scappare una!”
Sandra che aveva visto Mary sbiancare a
questa battuta, le si rivolse dolcemente. “Ti avevo promesso un passaggio in
barca: vieni ti porto ad Alghero”.
A bordo se la portò sul cassero e la fece
sedere al sole. Cominciò a raccontarle scene di vita militare, del tempo quando
al comando del suo cacciamine pattugliava il Mediterraneo e sorvegliava le zone
di guerra.
Mary sembrava molto interessata. “Come ci
si sente a comandare degli uomini?”
“Sai il problema non è essere donna” rispose Sandra, “il
problema è il comando, sei sempre sola nel momento delle decisioni e se da ciò
che decidi dipende la vita dei tuoi uomini… A un certo punto senti che non ce
la fai più e per questo che io ho mollato quell’incarico e ho scelto di venire
a difendere l’ambiente. La guardia costiera pattuglia il parco, difende le
specie rare, salva quelle in via di estinzione.”
“Anche a me interessano moltissimo queste cose. Io passeggio per
il parco armata di macchina fotografica e taccuino. A proposito del suo fiore,
floribunda ha detto si chiamava? Mi sembra di averlo sentito citare da
Gabriotti. Lui conosceva tutta la flora del parco e… all’inizio…era pure
gentile” e si fermò.
“Ma insomma, cosa sai di questo Gabriotti e perché ti mette
tanto in agitazione?” la incalzò Sandra.
Per tutta risposta la ragazza scoppiò a
piangere “Io non volevo, non avrei mai immaginato”.
Lentamente raccontò dall’inizio. Venne
fuori che il morto l’aveva corteggiata furiosamente e che una sera se l’era
ritrovato alle spalle mentre con il suo motorino si destreggiava sulla strada
sabbiosa della pineta Mugoni. L’aveva trascinata a terra e le era saltato
addosso come una furia, l’aveva malmenata e stuprata, poi veloce come era
arrivato era sparito.
Lei sanguinante, coi vestiti laceri, non
aveva avuto il coraggio di risalire sul motorino ma aveva telefonato a suo
padre.
Mary si buttò piangendo tra le braccia di
Sandra e mormorò tra i singulti.
“Da quel giorno mio padre ha cominciato a seguirlo e quella
sera, quando lo ha visto appostarsi per attendere il mio rientro dal mare alla
Dragunara, ha cominciato a inseguirlo… No, no lo ha fatto solo per
proteggermi.”
L’ubriacatura
dell’avvocato
Sergi sussulto`
vedendo la testa bionda che si infilava dalla porta
“E tu che ci fe` qui?”
“Non ci crederai ma mi hanno destinato al lago Trasimeno” rispose
la proprietaria della testa bionda, una giovane in divisa da guardiamarina.“Te piasse
‘ncolpo quant`e`chen`tarvedo. Gimo a festeggè” continuo` il commissario
chiudendo il fascicolo che aveva davanti.”Giusto e` ora d`arni`,vieni te port`io
a magne’ come s`ardeve, no come quel che me toccava da sorbì ad Alghero. Se
magna robba casereccia”.
Il commissario Sergi ed
il capitano di corvetta Sandra Marini si erano conosciuti durante il
loro soggiorno ad Alghero ed erano divenuti grandi amici nonostante lui facesse
di tutto per rendersi insopportabile sia perche` non amava il cibo locale sia
perché si ostinava a parlare in un dialetto incomprensibile ai piu`.
Si diressero in un piccolo ristorante in Santamaria delle
volte. Si erano appena seduti che una brunetta li raggiunse. “Tutto a posto comandante, Said
e` in cella e ho gia` avvertito il
procuratore, ma vedo che state mangiando, non vi disturbo oltre
arrivederci” e veloce come era entrata se ne riandò.
“E si” disse Sergi rivolto alla sua commensale. “Ho appena
finito dar solve un caso de omicidio: un avvocheto , uno che contava molto da
ste parti, un certo Corsi e` caduto come ‘nbirillo giu` dalla terrazza del
mercato, era ‘briaco fradicio ma emo acchiappato ‘n tunisino che aveva il su
portafoglio ‘nta le mani.”
“Corsi” fece lei “è una delle persone su cui volevo avere
qualche informazione. E stato ucciso?”
“Demo ancora da scopri` se s`e` buttato da solo di sotto o
se e` stato aiutato. Ma adesso ‘nse parla piu` de lavoro t`ho da fa senti` le
gioie del nostro territorio. Qui si sappiamo mangiare, vedrai sapori e odori.
Cominciamo con l`imbrecciata: e` il sole della terra l`hanno inventata le
nostre donne con cio` che restava nell`aia dopo che era passata la falce.nSe
prepara soprattutto pe’ la scartocciatura de le
spighe de granturco e se magnàa, al lume de luna, tal bón de la notte.
Se facéon bullì ta l’acqua salata gli acini de grano e quelli freschi de
granturco de le spighe che nn’ eróno ancora mature e ci s’agiungéono le
castagne. I fagioli se cocéono a parte e doppo avelli fatti scolà s’aggiungéono
tal grano, ‘l granturco e le castagne e se cuntinuàa la cottura, agiungendo, prima de servilli, ‘n
po’ d’olio a crudo. Poi dopo t`ho da fa assaggia` il piccione ripieno be` e` un
reinterpretazione moderna in realtà i nostri nonni magneven i palombacci
cacciati tal passo.”
Mentre assaporavano il pranzo, Sandra raccontò al
commissario come tutti i colleghi l`avessero presa in giro quando era stata
destinata ad un lago “Ma sai” spiegò lei “dopo i fatti di Alghero mi mettono
sempre a seguire casi complicati di traffici illeciti e qui sembra che ci sia
qualche infiltrato da noi che passa informazioni ai trafficanti. In realtà non
sono venuta da te solo per il piacere di vederti ma anche per avere un po` di
informazioni sul territorio.”
“T’arporterò l’acqua con le rechhie , fiola , ma ora hai da
tastè sta ciaramicola poi argimo in ufficio e metterem le bullette a mollo” e
cosi` dicendo le porse una specie di torcolo rosato ricoperto di una glassa
bianca da cui spuntavano perline colorate.“ O s`e` fatta un`ora demo d’argì ,il
lavoro c’aspetta.” Acchiappò la giacca e si precipitò fuori del ristorante. Sandra
faticava a tenergli dietro .
Appena entrato nella sua stanza le scostò la sedia come un
cavalier d’altri tempi .
“Siedete na’mollica che guardiamo sto caso dell’avvocheto e
po’ so tutto per te’.Dunque pare che ce steto un tentativo di rapina e l’avvocheto
‘briaco n sé difeso e l’hanno spinto giu dal terrazzo. Ha fatto un chioppo e
s’e’ sfranto. Tutto troppo semplice c’enno un po’ de cose che ‘nrabattono.”
“Questo avvocato, Corsi era uno di quelli con cui avrei
voluto parlare volevo chiedergli notizie su un ragazzo da lui difeso che era
stato accusato di traffico di droga. Posso dare un’occhiata ai fascicoli
relativi a questa storia? “
“Lasciame archiamà quel
bindolo dell’appunteto e te arfo`
compagnà ta l’archivio”
Dopo alcune ore di studio Sandra un po` rintronata per la
grande mangiata decise di fare una piccola passeggiata lungo il corso e di
fermarsi a prendere un caffè da Sandri. A quell`ora il locale era pieno ma un
tavolino era stranamente vuoto e quando lei fece per avvicinarsi il cameriere
la guardo` in modo strano. “Bè che c’è`?” “Sa” rispose costui impappinandosi “quello
era il tavolo dell`avvocato Corsi. Vi si sedeva tutti i giorni” “ Veniva a
prendere l’aperitivo ?” chiese Sandra “ma che aperitivo! Era astemio, beveva
una cioccolata l’inverno e il frappè l’estate era un rito. Ci portava i suoi clienti o i suoi allievi
e diceva a tutti che facevamo la cioccolata più buona d’Italia. Eh ci mancherà
l’avvocato.” “ Ma allora era molto amato! sa se c’era qualcuno che invece poteva
avercela su con lui?”
“Veramente non l’ho mai visto discutere con nessuno, si per
carità qualche volta alzava la voce con i suoi allievi ma era solo per
convincerli, vero signorina?” disse rivolgendosi ad una ragazza dai capelli fiammati, che aveva smesso di
bere il cappuccino per ascoltare la loro conversazione.
“Ma io veramente ... ” “lei era una sua allieva no?” replicò
il cameriere “ proprio l’altro giorno vi ho visti discutere”
“Di che si impiccia lei e poi…ho fretta scusate debbo andare”
e lasciò a metà il cappuccino.
Sandra sorbì lentamente il tè freddo che il cameriere gli
aveva portato continuando a raccontare fattarelli della città.
Poi tornò al commissariato e andò subito ad esaminare i
reperti dell’autopsia del morto e scoprì che l’alcol era stato trovato
dappertutto nella laringe, in gola persino nei capelli, tranne che nello
stomaco . Si precipitò da Sergi “avevi ragione tu la storia “narbatte” proprio” disse facendogli il verso.
“Che c’è da bercè “rispose lui levando gli occhi dalle sue
carte.
“L’avvocato non era ubriaco. C’e una ragazza li hanno visti
discutere su da Sandri e pare che siano usciti infuriati, chiamala,
interrogala. Io torno di là a studiare i miei fascicoli.”
Scopri` che l`avvocato Corsi aveva iniziato la difesa di un
giovane trentenne ma poi l`aveva lasciato a meta` rifiutandosi di continuare.
A sera Sergi si affacciò in archivio: “ Mi sa ch`evi ragione,
dapprima m`arcapezzavo poi ho scoperto che la frega sortiva con `n tale che emo
messo al gabbio per via che l`emo beccato cor sorcio n bocca” “Ma un certo Franco
Livi per caso ?”“E tu come fe` ar saperlo?”
“Be` sembra che dapprima l`avvocato Corsi ne avesse accettato la difesa poi l`ha abbandonato
proprio prima della deposizione. Non e` professionale”
“’Nvece no eva scoperto che s`apposteva proprio fuori dalle
sue lezioni e che tra le sue vittime
c`era pure la frega dalla criniera rossa. La fiola s`era scapocciata per sto
Livi , a toglierse la sete cor prosciutto e lu l`aveva usata per impietosire
l`avvocato sapeva bene che nessun giudice glie se sarebbe messo contro. Cosi`
le’ era andata a implorarlo ‘ncora ‘na volta d`arpensacce ed evano fatto na
scagnarata. Poi è fuggita ‘n te la scesa ta l’ascensore de la terrazza e lu l’aveva inseguita per fermarla aveva
cercato di acquiapparla , s’era arvurticato ed aveva sbattuto la testa t’an palo sporgente
‘ndove steveno a riparà l parapetto della terrazza. La fregheta, come s’è accorta
che era morto, spaventeta delle conseguenze per lei e per il Livi, lo ha fatto
rotolare giù e poi, nel mentre che
cercava d`allontanasse s`era imbattuta nella solita degustazione sulla piazza,
aveva afferrato ‘na bottiglia di rubesco e per far arcrede che L`avvocato eva perduto la tramontana gli ha rovesciato in gola un litro di rosso.”
“E Said?”
“Quel corbello passeva de lie e s’arpreso il portafoglio
senz’arvedersi che l’avvocheto era crepeto.Via anche stavolta l’emo sfangata.
Ma stasera tu mai da fa assaggia` il tu` ragu` par arcambia` il pranzo.”
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